'E' stato un colpo di fulmine' capitoli 15, 16 e 17

 Riprendiamo 'E' stato un colpo di fulmine', presente ancora tutt'ora su Wattpad.


Capitolo 15 – Sergej

Sergej portò Daniel nei camerini, fregandosene del fatto che fosse il capo e che quindi nemmeno cinque secondi dopo furono raggiunti dall'assistente. Aveva urgente bisogno di parlare con lui, da solo. 

Neanche il tempo di chiudere la porta che la donna bussò. "Dille di venire dopo!" sibilò arrabbiato Sergej e, stranamente, Daniel obbedì. 

Rimasti realmente da soli, il ragazzo osservò Daniel, incavolato nero "Si può sapere cosa ti è preso là dentro?" 

L'altro sospirò forte, si massaggiava la fronte come se gli facesse male la testa "Lo chiedi a me?" chiese con calma "Ti sei portato il ragazzo al lavoro. E' un comportamento professionale questo?"

Sergej sbuffò "Ma cosa stai dicendo?" era esasperato "Se è per questo neanche quello che c'è tra di noi è professionale!"

"Non c'è nulla tra di noi" l'uomo si appoggiò al muro e guardò per terra, era bianco in volto.

"Quindi se non è nulla perché sei geloso?" gli chiese in modo diretto.

L'uomo dagli occhi verdi alzò per un attimo il volto per poi lasciare andare un sospiro e restare in silenzio per qualche minuto. Sergej voleva fargli un'altra domanda, costringerlo a rispondere, ma alla fine tacque. 

"Sono confuso" ammise il capo dopo un po', sconfitto "Non so più neanche io cosa voglio"

Sergej si mise seduto sul piccolo divano a due posti che c'era e si prese la testa tra le mani poggiando i gomiti sulle ginocchia. Fissava il pavimento, senza sapere come affrontare la cosa. Com'erano finiti in quella situazione? 

"Se non sai tu cosa vuoi, come posso darti fiducia?" chiese più a se stesso che all'altro "Io..." chiuse gli occhi e si sforzò di parlare, di dar voce a quei sentimenti che cercava di nascondere "forse è per questo che non voglio baciarti. Non voglio essere coinvolto, più di quanto lo sia adesso" ma Daniel non rispose e Sergej alzò la testa per guardarlo. Il capo si era lasciato scivolare sul pavimento, la testa ciondoloni e gli occhi socchiusi. Il ragazzo si alzò di scatto dal divano, precipitatosi da lui. 

"Daniel" disse preoccupato, prendendogli il volto tra le mani. Era bollente "Mi senti? Come stai?"

Daniel aprì gli occhi e stordito lo guardò "Scusami..." sospirò "E' solo un mal di testa. Adesso," provò ad alzarsi, senza riuscirci "starò meglio"

Sergej lo guardò con il cuore a mille dalla preoccupazione. Portò una mano sulla sua fronte e poi, per esserne sicuro, ci poggiò le labbra. Non c'erano dubbi, aveva la febbre. 

"Finalmente" blaterò l'altro, ma Sergej non ci badò. 

"Devi andare a casa a riposare!" sentenziò.

Daniel però scosse la testa "Basterà una tachipirina..." sussurrò "Ho del lavoro da fare."

"Non esiste!" rispose con enfasi, gli prese di nuovo il volto tra le mani e lo costrinse a farsi guardare "Noi adesso andiamo a casa, intesi?"

Daniel accennò un sorriso e poggiò una mano sulla sua "Sai che..." disse dolcemente "la prima cosa che mi ha colpito di te sono i tuoi occhi?"

Sergej arrossì, stava per lasciarlo e spostarsi quando si ricordò che era malato "La febbre ti sta facendo perdere la ragione. E' grave, dovrò chiamare un medico."

"No!" esclamò Daniel e strinse la mano di Sergej "E' la verità. Sono così belli..."

"Va bene. Basta così" disse il ragazzo per togliersi dall'imbarazzo "Andiamo a casa! Devi riposare!"

"Andiamo a casa..." ripeté Daniel "Resterai con me, vero?"

Sergej sorrise, anche se era molto preoccupato era la prima volta che vedeva Daniel così sbottonato con lui. Dietro quell'uomo così rigido e austero sembrava esserci dell'altro. 

"Resterò con te" e lo aiutò ad alzarsi.

 

Capitolo 16 – Maxi



Maxi era scosso.

La mattina era stata strana, bella da una parte, ma difficile dall'altra. In realtà aveva accettato di andare con Sergej agli studi, non solo per curiosità, ma anche perché così sperava di vedere Jeremi. In effetti lo aveva visto, ma sembrava avercela con lui. Per non parlare poi di quello che era successo agli studi televisivi.

"Se Daniel ha pensato che io e Sergej..." borbottò "Può essere che Jeremi..." si portò le mani sui fianchi e prese un grosso respiro "Impossibile!" urlò alla fine facendo girare alcune persone, si era completamente dimenticato di essere per strada "Jeremi non prova nulla per me" concluse.

Eppure... si sistemò gli occhiali sul naso e sconsolato cominciò a camminare a vuoto. Che poteva fare? 

Dopo un po' che si arrovellava il cervello, scosse il capo e sbottò: "Vado da lui!" era stanco di essere il ragazzo goffo e timido, ormai era cambiato. No?

Alzò lo sguardo per vedere dove si trovasse e restò meravigliato nello scoprire che in realtà era proprio sotto casa dei ragazzi. Maxi tentennò, fece un passo avanti poi uno indietro. Andò alla porta per salire all'appartamento, ma si bloccò, poi ci riprovò ancora ma si fermò di colpo arrossendo ai suoi stessi pensieri. Dieci minuti dopo era ancora lì, con la mano sulla maniglia della porta principale del palazzo. Non era neanche riuscito a salire e andare alla loro porta. Alla fine, restava un codardo. 

Era lì lì per arrendersi e andare via, quando qualcuno aprì la porta e quel qualcuno era proprio Jeremi. Appena lo vide il ragazzo cambiò espressione, corrucciò le sopracciglia e le labbra si strinsero. Era ancora arrabbiato?

"Ciao" salutò Maxi titubante. Jeremi infilò le mani in tasca e lo salutò con un semplice cenno del capo.  Ok, questo era imbarazzante "Ehm... volevo chiederti..."

"Mio fratello non c'è. Non eri con lui?" gli chiese, senza guardarlo in volto.

"Cosa? Che c'entra Sergej?" rispose stizzito e solo allora il ragazzo lo degnò di uno sguardo "Non sono qui per lui" disse a bassa voce Maxi, nascondendo la vergogna fingendo di sistemare gli occhiali, ci mise fin troppo tempo.

Jeremi lo guardò incuriosito per poi avvicinarsi al ragazzo, Maxi poté sentire il suo profumo e per un breve istante si inebriò di esso "Perché sei qui allora?"

"Io..." diglielo, digli che ti piace, diglielo! "Vuoi-prendere-un-caffè-con-me?" chiese tutto d'un fiato evitando di guardarlo negli occhi, poggiò poi una mano sul petto e lo spinse un po' più indietro. Era troppo vicino, aveva paura di non capire nulla.

Jeremi guardò la mano dell'altro, poggiò la propria sulla sua e poi sorrise "Visto che me lo chiedi così, perché no. Andiamo" e gli strinse le dita trascinandolo per strada. 

Maxi sgranò gli occhi, erano ancora mano nella mano, a passeggio sul marciapiede, diretti al primo locale aperto. Stava forse sognando? Rispetto a lui, Jeremi era leggermente più avanti e sembrava guidarlo, gli guardò la nuca, le spalle larghe, le braccia muscolose e si chiese quand'è che fosse diventato ancora più bello. Accennò un sorriso proprio quando il ragazzo si fermò, Maxi non se ne rese conto e finì con lo sbattergli contro. Fortunatamente l'altro fu veloce, si girò al volo e lo afferrò per le spalle prima che potesse finire a terra. 

"Ehi. Tutto bene?" chiese "Siamo arrivati"

Maxi non badò per nulla al luogo, annuì imbarazzato più che mai, chiedendosi perché fosse sempre così impacciato "Andiamo" riuscì a dire alla fine, sfilandosi dalle sue mani e entrando nella caffetteria. 

"Wow" disse una volta all'interno "E' pieno di fiori e ci sono dei gatti e..." si guardò intorno scioccato "Ci sono molte coppie!"

"E quindi? E' un locale nuovo, è ovvio. Vieni sediamoci vicino la finestra" Maxi lo seguì imbambolato mentre qualcuno li guardava sogghignando.

Dinanzi al loro ordine, entrambi restarono in silenzio, tutt'e due con le parole sulle labbra ma che non volevano uscire. Maxi poi aveva ancora l'espressione arrabbiata di Jeremi stampata nella sua mente, non voleva andar via. 

"Allora," disse dopo dieci minuti, non potendone più "perché sei arrabbiato con me?"

Jeremi lo guardò, addentò il muffin, prese un sorso di the e poi alla fine lo guardò "Mi scocciavi"

Maxi restò impietrito "Eri scocciato da me?"

"Esattamente" prese un altro sorso di the e poi guardò fuori dalla finestra. 

"Che significa? Che ho fatto?" Maxi strinse i pugni sul tavolo, avrebbe voluto prendergli un braccio e costringerlo a voltarsi "Allora?" lo incalzò.

Jeremi si voltò e prese un grosso respiro "Cerchi sempre mio fratello, e la nostra amicizia?"

Maxi lo guardò come se fosse un alieno, voleva quasi che lo ripetesse però poi sorrise "Ma adesso sono qui per te" avrebbe voluto aggiungere altro, ma tacque.

"Vorrei lo ricordassi più spesso. Esisto anch'io" sembrava un bambino a cui avevano rubato le caramelle e Maxi pensò che fosse davvero carino. 

"Non potrei mai dimenticarlo" e più tranquillo iniziò a mangiare la torta al limone che aveva preso "E' buonissima! Veniamo di nuovo qui?"

"Quando vuoi" rispose Jeremi, di nuovo contento.

 

Capitolo 17 – Sergej

Sergej accompagnò Daniel a casa. 

Sia l'autista, l'assistente che la governate si erano proposti di aiutarlo, ma aveva detto loro di potercela fare e di fargli trovare delle medicine in camera. Voleva prendersi cura di Daniel e lo avrebbe fatto da solo.

Lo aiutò a mettersi a letto e poi si mise seduto di fianco a lui. "Posso spogliarti?" chiese con dolcezza.

Daniel aveva una mano sulla fronte, gli occhi chiusi, le guance rosse, il fiato corto ed era visibilmente accaldato. Mentre aspettava una risposta, si alzò e andò al suo armadio. Non si meravigliò nel vedere solo completi eleganti. Si mise alla ricerca di una t-shirt e dei pantaloncini e li trovò, in un cassetto in fondo, come se volessero essere nascosti. Li prese e si riavvicinò al ragazzo "Daniel?" bisbigliò.

L'uomo aprì un po' gli occhi e Sergej gli prese la mano, gliela spostò dal volto e la guardò "Voglio aiutarti a cambiare, questi sono più leggeri" e indicò i vestiti che aveva sulle ginocchia.

Daniel gli strinse forte il palmo e scosse il capo "Dammi solo la medicina, devo tornare al lavoro" provò ad alzarsi, inutilmente. 

"No. Oggi resterai qui con me. Ne abbiamo già parlato. Ho già avvertito tutti."

"E' un ordine?" chiese debolmente.

"Sì" e gli lasciò andare la mano, appoggiò le dita sul viso e lo accarezzò, constatando al tempo stesso quanto fosse caldo "Mi prenderò cura di te finché non ti sarai ripreso"

"Perché?" chiese Daniel, inclinando il capo verso la mano di Sergej, voleva un'altra carezza.

"Sei il mio capo" rispose con una mezza verità ed entrambi sorrisero. Daniel poi chiuse gli occhi e annuì, gli stava dando il consenso per proseguire. A quel punto con mano tremanti, l'attore poggiò una mano sulla sua nuca e lo aiutò ad alzarsi un pochino, giusto quanto bastava per sfilargli la giacca. Era totalmente stupido, lo sapeva, ma era così imbarazzato, eccitato ed emozionato che cominciò a sudare lui stesso. Non solo le dita, ma anche le gambe gli tremavano. Averlo così vicino, indifeso, stretto a sé gli fece palpitare il cuore. Era tutto così intimo e personale, come se non lo stesse solo aiutando a cambiarsi.

Sono solo uno sciocco si rimproverò. Sfilata la giacca, la mise da parte e aiutò di nuovo Daniel a sdraiarsi. Portò poi le mani alla camicia e con estrema delicatezza e lentezza slacciò uno ad uno i bottoni. Lo aveva già visto spogliato, ma adesso tutto gli sembrava diverso. Amplificato. Fece lo stesso con i pantaloni e, così come lo giacca, gli tolse tutto. Si diede un minuti per osservarlo e poi prese i vestiti che aveva preparato. Con delicatezza lo aiutò a rivestirsi, sentendosi emozionato per ogni cosa che faceva. Che mi succede? 

"Quando starai meglio," disse deglutendo una volta finito "facciamo una doccia".

 Debole, Daniel rispose annuendo. Era mezzo addormentato. 

Sergej prese la medicina che gli avevano preparato insieme all'acqua, gli alzò la testa e lo aiutò a prenderle "Cerca di riposare, vado a prepararti qualcosa da mangiare" ma il capo non lo stava ascoltando, si era già accoccolato a letto e in un niente si era addormentato. 

"Devi aver lavorato molto per ridurti così" gli sussurrò. Lo osservò per un attimo, così tranquillo e meno austero rispetto a quando era sveglio. Sembrava un'altra persona adesso che lo guardava. Molto più affascinante del rigido Daniel capo della 'CineFly'. Senza pensarci si avvicinò a lo baciò sulla fronte, poi si alzò per andare a preparare da mangiare, ma non appena si mosse una mano gli si strinse intorno al polso. 

"Resta qui" bisbigliò Daniel.

"Vado solo a prepararti qualcosa" rispose.

"Vai tra poco" protestò l'altro, aprendo gli occhi "Sdraiati qui"

"Ma io" fece per ribattere, ma quando incontrò lo sguardo intenso dell'altro, non riuscì a dirgli di no e gli si mise sdraiato vicino, dandogli però le spalle "Andrò quando ti sarai davvero addormentato"

Daniel annuì e appena Sergej gli fu accanto lo abbracciò stretto a lui. Schiena contro petto. Intrecciò le gambe con le sue e lo circondò con le braccia andando a prendergli le mani. "E non dimenticare la doccia" disse prima di appoggiare il capo sull'altro.

Sergej sorrise imbarazzato, ma al tempo stesso gli si strinse anche lui contro. Si sentiva bene, al sicuro, come se avesse trovato il suo posto ed ebbe paura. E' la cosa giusta da fare? I miei genitori come se gli leggesse la mente Daniel lo strinse, se possibile, ancora più a sé. Fece per dirgliene due, ma alla fine era così felice che lasciò perdere e disse a se stesso di godersi semplicemente il momento. 

Più tardi, molto più tardi, avrebbe riflettuto sul da farsi.


***

Ricordo a tutti che 'E' stato un colpo di fulmine' è un racconto non editato.



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